Oh, la volta scorsa t’ho detto di non perdere tempo con i difetti.
E poi ti ho detto che sono anche le cose in cui non siamo portati.
Beh non è proprio così. Dai che lo avevi capito! L’avevo semplificata un po’.
A volte non possiamo tralasciarli; alle volte, non si può soprassedere sulle nostre zone d’ombra, che siano difetti o altro, diventa imperante affrontarle.
E, qualcosa possiamo farla.
Ed è piuttosto facile si struttura in due mosse; la prima è riconoscerla.
Ma come prima avevo detto che le conosciamo? Perché ora dobbiamo riconoscerle.
Eh, perché è vero che le conosciamo, ma non ci piace ammetterlo, inoltre pochissimi hanno una visione obbiettiva di sé stessi, anzi di solito tendiamo a sminuire gli effetti che le nostre zone d’ombra hanno sull’ambiente che viviamo.
Insomma l’ombra si allarga da noi e “guasta” anche altro.
Quindi riconoscerla, vuol dire, non tanto comprenderla, ma ammettere che abbiamo un effetto negativo sugli altri.
Bene, arriviamo il secondo punto, che è anche questo facile, ma ha un brutto prerequisito.
L’azione è semplicemente chiedere aiuto, farsi aiutare, dire “ehi qui sono in difficoltà, non riesco a gestire bene questa cosa”.
Il prerequisito è inghiottire l’orgoglio, la presunzione di bastare a noi stessi e di sapercela fare da soli.
Perché se così fosse allora avrebbero ragione quelli che si sono inventati tutta l’epica e la retorica delle “aree di miglioramento”, no?
Ma tutto questo vuole anche dire che dobbiamo comprendere per bene il benessere del nostro contesto sociale, che sia in ambito lavorativo o personale poco cambia, è più importante delle nostre paure (di non farcela, del biasimo, di quello che volete voi, tanto le paure hanno tanti nomi ma stringi stringi è sempre la stessa cosa).
Chiedere aiuto, imparare a farlo, richiede lavoro e sacrificio, ben più che lavorare sulle cose positive, per cui non pretendere troppo da te stesso: dove sei scarso contentati di non far danno.