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Erri De Luca e la poesia


La poesia non è un’arte di arrangiare fiori, ma urgenza di afferrarsi a un bordo nella tempesta. Per me è pronto soccorso, la poesia, non una sviolinata al chiaro di luna. È botta di salvezza (Erri De Luca).

Per comprendere queste parole occorre leggere De Luca.

A mio avviso meriterebbe il Nobel per il nuovo uso della poesia o della prosa, dipende da come la vuoi guardare.

Non ne parlerò, perché qualunque parola sarebbe sottrazione di meraviglia. Diminuzione di opere grandiose seppure pacate, quasi quotidiane.

Ne rimasi folgorato, o meglio attonito mentre un giogo si sollevava, come una città dopo lungo tempo liberata dall’assediante (cit. Oscar Wilde) che torna a vivere a respirare senza preoccuparsi di fare rumore.

Così, iniziai a scrivere ispirandomi al suo stile e scoprendo, rileggendomi a distanza di tempo, bellezza sempre fresca.

Scritti senza pretese di notorietà, sono privati, e la bellezza la conosco solo io, eppure ora c’è e prima non c’era, prima erano parole, a modo o in rima restavano solo parole.

Mentre ora l’uso della poesia come pennellate (a volte di disturbo) dona luce a testi altrimenti sciapi, magari di spessore ma… solo spessi.

Godere delle sue opere è solo una parte per comprendere la sua posizione, occorre conoscere la sua storia, di manovalanza a spasso per l’Europa a faticare e imparare lingue mentre i suoi testi rimanevano in attesa, sospesi in una bolla di tempo.

Occorre comprendere il suo amore per l’umanità e le sue creazioni e le infinite varietà, poi non così varie (comprese le religioni).

Non sono sempre d’accordo con le sue posizioni, come nel caso della TAV, ma riconosco sempre il valore delle sue riflessioni.

La poesia è quindi uno strale di vita che ci raggiunge per ricordarci di non mollare quando tutto va male e si essere felice quando le cose vanno.

Versione su quora.

La rottura del narcisismo


Fu Freud il primo (beh magari uno dei primi) a rendersi conto che la cultura occidentale ha introdotto una discontinuità nel narcismo.

E lo ho fatto molte volte con personaggi come Galileo, Copernico, Darwin, lui stesso e Nash.

E non è un caso se sono stati quasi tutti uomini di scienza.

I primi ci hanno fatto capire che la terra non è il centro del sistema solare, Darwin ci ha fatto capire che siamo animali, né più né meno degli altri e che siamo “figli” di un processo naturale chiamato selezione naturale, come tutto ciò che abita questo pianeta (e qualunque altro se mai lo scoprissimo), Freud ci ha fatto capire che non siamo neppure padroni della nostra mente, perché esiste l’inconscio composto da molte cose che non coincidono per nulla con il nostro io cosciente e che anzi, a volte ci sono del tutto aliene; Nash ci ha insegnato che il bene del singolo non è un obbiettivo furbo, paga di più cercare il bene del gruppo (grande a piacere).

E questa visione, che ha apparentemente ridotto di molto la nostra autostima, è la base su cui abbiamo prosperato: il rifiuto dei dogmi e delle posizioni aprioristiche ci hanno dato condotto ad un numero di scoperte immane che ha migliorato le nostre vite di svariati ordini di grandezza.

Abbiamo capito che non siamo nulla di speciale, ma siamo speciali perché lo abbiamo accettato, in ultima analisi è questa la supremazia culturale dell’occidente: non c’entrano nulla il consumismo o altri aspetti economici di cui tanti vanno cianciando.

Ma l’accettazione profonda di non essere nulla di speciale, di essere un dettaglio nel quadro di insieme; non a tutti, o forse dovrei dire solo a pochi, è chiaro quanto sia pervasiva questa consapevolezza, quanto influenzi il nostro approccio al mondo e quanto, contemporaneamente, sia efficae ed efficiente.

I nostri approcci sono umili, non presuppongono mai una supremazia a prioristica, non si affida a valutazioni non quantificabili, ripetibili, studiabili.

Insomma, siamo molto cauti, quasi diffidenti anche su noi stessi, e questo ci rende immensamente forti.

L’Inquinamento dell’affetto


«Ti amo» – disse il Piccolo Principe. «Anche io ti voglio bene» – rispose la rosa.

«Ma non è la stessa cosa» – rispose lui. – «Voler bene significa prendere possesso di qualcosa, di qualcuno. Significa cercare negli altri ciò che riempie le aspettative personali di affetto, di compagnia. Voler bene significa rendere nostro ciò che non ci appartiene, desiderare qualcosa per completarci, perché sentiamo che ci manca qualcosa.»
Voler bene significa sperare, attaccarsi alle cose e alle persone a seconda delle nostre necessità. E se non siamo ricambiati, soffriamo. Quando la persona a cui vogliamo bene non ci corrisponde, ci sentiamo frustrati e delusi. Se vogliamo bene a qualcuno, abbiamo alcune aspettative. Se l’altra persona non ci dà quello che ci aspettiamo, stiamo male. Il problema è che c’è un’alta probabilità che l’altro sia spinto ad agire in modo diverso da come vorremmo, perché non siamo tutti uguali. Ogni essere umano è un universo a sé stante. Amare significa desiderare il meglio dell’altro, anche quando le motivazioni sono diverse. Amare è permettere all’altro di essere felice, anche quando il suo cammino è diverso dal nostro. È un sentimento disinteressato che nasce dalla volontà di donarsi, di offrirsi completamente dal profondo del cuore. Per questo, l’amore non sarà mai fonte di sofferenza.

Quando una persona dice di aver sofferto per amore, in realtà ha sofferto per aver voluto bene. Si soffre a causa degli attaccamenti. Se si ama davvero, non si può stare male, perché non ci si aspetta nulla dall’altro. Quando amiamo, ci offriamo totalmente senza chiedere niente in cambio, per il puro e semplice piacere di “dare”. Ma è chiaro che questo offrirsi e regalarsi in maniera disinteressata può avere luogo solo se c’è conoscenza. Possiamo amare qualcuno solo quando lo conosciamo davvero, perché amare significa fare un salto nel vuoto, affidare la propria vita e la propria anima. E l’anima non si può indennizzare. Conoscersi significa sapere quali sono le gioie dell’altro, qual è la sua pace, quali sono le sue ire, le sue lotte e i suoi errori. Perché l’amore va oltre la rabbia, la lotta e gli errori e non è presente solo nei momenti allegri.

Amare significa confidare pienamente nel fatto che l’altro ci sarà sempre, qualsiasi cosa accada, perché non ci deve niente: non si tratta di un nostro egoistico possedimento, bensì di una silenziosa compagnia. Amare significa che non cambieremo né con il tempo né con le tormente né con gli inverni.

Amare è attribuire all’altro un posto nel nostro cuore affinché ci resti in qualità di partner, padre, madre, fratello, figlio, amico; amare è sapere che anche nel cuore dell’altro c’è un posto speciale per noi. Dare amore non ne esaurisce la quantità, anzi, la aumenta. E per ricambiare tutto quell’amore, bisogna aprire il cuore e lasciarsi amare.

«Adesso ho capito» – rispose la rosa dopo una lunga pausa.

Piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry

Il “Piccolo Principe” è un testo quasi iniziatico, da leggere e da studiare, c’è poco che si possa aggiungere o togliere dagli insegnamenti che ci lascia in eredità.

Ho scritto molto spesso dell’amore avendo tra le mie basi proprio questo testo.

Se devo trovare un precisazione a questo passo è forse che non considero il “voler bene” una forma di amore inquinata dalle aspettative o dalle proiezioni.

Ma penso che qualunque aspettativa o proiezione inquini ogni cosa, corrompa e tramuti qualunque sentimento positivo in brutale forma di egoismo.

Tutto qui, senza fronzoli o appello: se non accogliamo l’altro per ciò che è lo stiamo solo usando per i nostri fini egoistici.

E allora cosa è “voler bene” nel mio vocabolario è un po’ meno di quanto dica il Piccolo Principe dell’amore, laddove l’amore, per come lo vedo io, è molto di più, qualcosa che trascende il nostro stesso senso di umanità biologica, qualcosa che ci proietta su una scala diversa dove la nostra individualità va in secondo piano.

È raro amare, non c’è da farsene un cruccio, ma è facile voler bene in maniera pulita, come il Piccolo Principe ama la rosa.

Ecco se da un parte dobbiamo cominciare, impariamo a voler bene senza proiettare, senza aspettative, senza nulla che non sia considerare l’altro.

Cosa vuol dire ascoltare?


Ascoltare vuol dire capire quello che l’altro NON dice. [Carl Rogers]

Io direi che sarebbe già tanto se si iniziasse a capire quello che l’altro DICE.

Intendiamoci, Rogers non sta dicendo bischerate, lui sta alzando l’asticella, ci stimola ad andare oltre, ma…

Come sempre c’è un ma, perché spesso non ci si capisce.

Chi riceve il messaggio non ci presta attenzione oppure guarda altre cose, si fa traviare dalla componente non verbale e si perde il verbale.

Quando si dice che il 90% della comunicazione è non verbale è vero, ma non sta scritto da nessuna parte che sia una cosa buona.

L’abitudine a farsi distrarre da informazioni accessorie del messaggio è un problema.

Ricordo un aneddoto interessante: in un workshop Gianni (nome di fantasia) e Pinotto (davvero devo specificare che è di fantasia?) inscenano uno scambio lavorativo.

Gianni comunica un messaggio inerente a qualcosa da fare a Pinotto.

Gli uditori hanno unanimemente criticato la modalità di comunicazione di Gianni, considerata troppo dura e scontrosa, quasi maleducata.

Finché il buon Pinotto, fece notare che per lui non c’era nulla di tutto questo e che anzi, la comunicazione era stata precisa, puntuale e ben argomentata.

Cosa è successo? Gianni e Pinotto si sono concentrati sul contenuto, non gli interessava minimamente guardare altro (in quel momento).

Gli altri erano distratti.

E questa distrazione inconsapevole, finisce per creare aspettative (come sempre) che trovano un terreno fertile nelle parole di Rogers.

Però il messaggio diventa che se l’altro ascoltasse saprebbe capirmi, mentre il messaggio di Rogers vuole dire che se tu imparassi ad ascoltare veramente, capiresti quello che l’altro vuole dire, e anche quello che vorrebbe dire ma non può.

Fino ad arrivare forse a comprendere quello che l’altro vuole nascondere quasi fantascienza, però diciamo che in linea teorica potrebbe pure succedere…

E quindi tornando a bomba, un ascolto completo, tipo che sei il campione mondiale di ascolto, significa (in questo esatto ordine) che:

  1. capisci quello che l’altro dice
  2. capisci come lo dice
  3. capisci perché lo dice
  4. capisci cosa vorrebbe dire
  5. capisci cosa non vuole dire

Molto spesso non si è in grado di fare nemmeno il primo degli esercizi…

La montagna è aliena


La montagna è sempre aliena.

Torreggia sprezzante sui nostri limiti.

La montagna non siamo noi, nessuno di noi può essere o contenere in sé la montagna.

La montagna è il limite; del singolo, ma non del gruppo.

La montagna non perdona: è una sfida continua e non ama gli sbruffoni, ma sopporta di buon grado, spesso con bonario affetto, gli uomini che sanno condividere il proprio giardino interiore con altri uomini per onorarla.

La montagna apprezza l’amicizia e l’accortezza del rispetto.

Se il deserto insegna ad essere uomini, la montagna insegna ad essere gruppo, squadra, amici.

Stella di ringhiera


Corro, fuori dalla domestica galera,
corro e mi disseto con i sorrisi
della bianca stella di ringhiera,
profumi tronfi e bonari incisi
nel ricordo: salvacondotto alla melanconia
del dopo. Corro in contro al meriggio
del bosco campestre cercando sintonia
tra l’arranco fiacco e’l capriccio
dell’anima che nuovamente vuole
volare sopra volti, tetti e aiuole.


P.S.
La stella di ringhiera, è il gelsomino delle azzorre.

Rinascerei uno e più d’uno


Se restassi.

Ancora un’ora,
forse un giorno
e poi ancora.

Se bevessi.

Le parole non dette in fondo agli occhi,
i sapori iperbolici della tua anima.

Se crescessi.

Da solo,
per te, con te,
senza diversità

Se ancora restassi

Ancora un’ora,
forse un giorno
e poi ancora.

E ancora non mi bastassi,
forse mi dissolverei.

Un raggio di sole
che ti bacia soffuso.

I dirupi dell’anima


Guida alla lettura

Cosa fai se perdi l’amore, ma non perdi il tuo amore?

Annego in silenzi monchi,
i miei;
lacune nelle parole
quando terminano senza avviso.Sul cuore,
terra arida e frantumata,
avvizziscono le piante buone.

Per dispetto e calunnia
sboccia il fior di dolore
a mucchi e cespugli.

Mi tentano i colori accessi
e le nette fragranze
intinte nell’ira.

Alzo gli occhi,
passo oltre
e scelgo di credere.

Provo ancora a colmare i silenzi,
i miei.

P.S.
È un componimento di qualche anno fa… l’ho ritrovato e ve lo ripropongo

Sempre più del diamante


Diffidate dagli amori a tempo e di chi smette di amare…

L’amore è per sempre.

Quello vero dico, è per sempre.

Magari ti lasci e non rivedrai più la persona, ma la amerai per sempre.

Questo è amore.

Il resto sono esperienze cui spesso diamo troppa importanza.

P.S.
A scanso di equivoci non sto parlando di quello di cui parlavo in:

😀

Il difficile amare


Il sentimento dell’amore nasce dalla elaborazione cognitiva dell’emozione dell’amore.

English Version

Amare è difficile.

No, non parlo di vivere insieme.

Parlo di scegliere di metterti tutti un giorno il vestito dell’amore, di infilarti sempre nella stessa “gabbia”.

Una gabbia, bella quanto vuoi, ma che definisce il tuo futuro ed escluderà sviluppi incompatibili.

Tutto in nome di una emozione intensa, brevissima, unica…

L’avete mai provata l’emozione dell’amore?

No, non della gioia, dell’amore. Quell’essere al centro dell’universo e donarlo e donarsi senza sminuirsi a qualcun’altro? agli altri?

Il sentimento dell’amore è la decisione di voler conservare e predisporsi a rivivere questi momenti, questa emozione.
Ma non è che proprio scegli, non è una vera scelta, è, alla fine, che ad immaginarti dentro quella “gabbia” ti vedi meglio di quanto ti vedi fuori; e puoi fingere e scappare, ma lo sai che è così.

E può anche darsi che alla fine non ce la fai (fate) a reggere la costruzione e questa si sgretola e cade giù e le storie finiscono.. ma l’amore, se era amore, resta lì, fregandosene di tutto.

È difficile amare, perché capita di rado.

Perché non si ama per soddisfare se stessi o compensare una mancanza.

Amare è difficile, per questo spesso si finge di amare, anche il primo che capita.. o giù di lì.

L’amore non è egoista, anche se a volte ti fa fare stupidaggini, poi ti penti e non le fai più.

Alcuni esempi:

  • ti amo perché sei il mio compagno ⇒ nessun amore solo recitazione del ruolo dei compagni;
  • ti amo perché con te provo tanto piacere ⇒ nessun amore solo sfortuna nel precedente sesso oppure vergogna del proprio piacere;
  • ti amo perché da solo non so stare ⇒ stare soli è difficilissimo;
  • ti amo perché voglio un figlio ⇒ immaginare di andarsene senza un lascito fa paura;
  • ti amo perché sono tanto geloso ⇒ la gelosia è spesso solo un rituale sessuale, soprattuto se morbosa;
  • ecc..

Amare una persona è averla senza possederla; darle il meglio di sé senza pretendere niente in cambio;
desiderare di stare con lei, ma senza essere spinti dal bisogno
di alleviare la propria solitudine;
temere di perderla, ma senza essere gelosi;
aver bisogno di lei, ma senza esserne dipendenti;
aiutarla, ma senza aspettarsi gratitudine;
essere legati a lei, pur restando liberi;
essere tutt’uno, pur rimanendo se stessi.
–Omar Falworth

Sette sguardi (in totale otto)


Al desco quattro sguardi
discosti l’un l’altro seguivano
ricorrenti pensieri ordinari e disordinati
avvolti nella ferrea scia del pasto consumato.

Al fuoco l’olla attendeva cura
paziente serva fedele
di genie affamata nel borgo
accoccolato rimirante la Torre d’Annunzio.

Alla beffa, quattro congiuri
l’un per l’altro alfieri occasionali
di terrore e fuga divamparono
dal crogiuolo ai lignei Lari.

All’abbraccio solingo la madre sfogava
di se stessa rabbia e conforto
al Cittadino Primo che patrigno non faccia
e all’ingiuria d’aver prole senza giacca.

Guida alla lettura

Scritto in collaborazione con Dimitilla, racconta un fatto realmente accaduto.

Prima di correre sotto provate ad indovinarlo… vi aiuto dicendo che questo episodio , l’intervista che ne è seguita e le sue varie reinterpretazione è diventata virale…

Ok il video è presente su youtube e lo trovate qui, mi raccomando arrivate fino in fondo.

Ser feliz


Mi piace pensare che gli spagnoli abbiano ragione.

Con le emozioni e i sentimenti usano il verbo Estar (stare), che ha un senso transitorio; mentre usano Ser per indicare cose immutabili (Yo soy Do) e per indicare lo stato di felicità Yo soy feliz (ora le cose stanno cambiando, perdendo questa elegante differenza).

Come se essere felici fosse una condizione duratura dell’essere (non come la Stille dei romantici), ma se è duratura non può essere costante deve essere mutevole per adeguarsi ai mutamenti della vita.

Forse allora la felicità non ha molto a che vedere con la gioia e con i nostri successi, forse ha a che vedere con aver capito il nostro posto nel mondo…

Falena d’amor


Passo in linea di timore
spalle reclinate,
ali schive,
fotogramma di un sì.

Sinuoso nell’altro il corpo si pressa,
cuspide tremante,
fugando arie frapposte
la fronte annuisce
vibrando la spalla
respirando miscele di vita
sfogliando crisalidi di paure.

Nell’abbraccio abbandonata
ti sogni farfalla con ali imprestate,
inventi e canti affetto e calore
per Amore e futuro…

Guida alla lettura

Nell’emozione di un abbraccio si nasconde l’illusione di un amore inventato.